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Leonor Fini «La pastorella di Sphynx» al Museo Peggy Guggenheim di Venezia
Olio su tela (46,2 x 38,2 cm) 1941 Museo Peggy GuggenheimLeonor Fini nasce a Buenos Aires nel 1907 da madre italiana e padre argentino.
Arrivata in Italia, a Trieste, entra in contatto con gli intellettuali che frequentano la casa di famiglia, tra cui James Joyce.
Pur non avendo una particolare formazione artistica, impara parte del suo mestiere lavorando con Achille Funi a Milano.
Nel 1933 si trasferisce a Parigi e conosce diversi membri del movimento surrealista. Tra questi, Max Ernst, Salvador Dalí, Paul Eluard e Victor Brauner.
Tuttavia, Leonor Fini non aderì mai ufficialmente al movimento surrealista. Una non adesione formale che non le impedì di essere molto vicina ad esso, soprattutto in termini di simboli.
In particolare quello della sfinge, la creatura mitologica più ammirata dalla maggior parte dei surrealisti.
Questo quadro di Leonor Fini «La Bergère des Sphynx» fu acquistato da Peggy Guggenheim su richiesta di Max Ernst, che lo aveva visto nello studio della Fini a Monte Carlo nel 1941.
Per Leonor Fini, la Sfinge egizia era una figura matriarcale e umanista.
Ma la sfinge è stata a lungo associata anche alla morte e alla distruzione prima della trasformazione.
Per Whitney Chadwick, questo suggerisce che ognuno ha il potere di formare la propria identità e di reinventarsi:
«Assumendo la forma della sfinge, Fini esercita tutti i poteri femminili perduti per restituirli alla donna contemporanea»
Whitney Chadwick
Nel dipinto di Fini, la sfinge pastora è presentata in un paesaggio apocalittico, deserto e arido, dove gli unici segni di vita sono alcuni fiori recisi sparsi sul terreno.
Ossa rotte, i resti dei pasti delle sfingi, disseminano il terreno in questo paesaggio drammatico.
La pastora è in piedi in mezzo al suo gregge di 8 sfingi metà donna e metà leone. Il suo sguardo è perso. Non sta guardando noi o le sue sfingi, è altrove.
È nuda, a parte le calze color carne e la corazza, una sorta di cintura di castità che le copre il ventre come una conchiglia.
Sensualità, erotismo e sessualità sono le parole che vengono in mente guardando questa pastorella che tiene il bastone con entrambe le mani in modo particolarmente ambiguo.
Il simbolo del bastone è ovvio, ma da lì in poi tutte le interpretazioni sono possibili, dalla vergine che tiene in mano questo bastone che le dà autonomia sessuale alla scopa della strega, essendo anche i surrealisti appassionati di magia.
L'atteggiamento lascivo delle sfingi, l'abbondanza dei loro capelli, la bellezza dei loro corpi, corpi di donne e di animali allo stesso tempo, simboli di desiderio, forza, protezione, distruzione quali sono i ruoli e le intenzioni di queste donne dipinte da Leonor Fini?
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